ZINEMA

RECENSIONI DI EMANUELE DE MARIA

“SICK OF MYSELF” DI KRISTOFFER BORGLI

Anno di produzione: 2022
Con: Kristine Kujath Thorp, Erik Saether

Narcisiamo: atteggiamento che tende a esaurire la personalità nella esclusiva considerazione ed esaltazione di se stesso.

Signe e Thomas sono una coppia apparentemente affiatata ma al contempo sono fortemente competitivi l’una nei confronti dell’altro. Lui è un artista abituato a monopolizzare l’attenzione degli altri, lei è una cameriera pronta a tutto pur di non essere messa in ombra dal compagno.
Narcisismo, la società dell’apparire, l’essserci e il non essere, i social network, i finti messaggi di inclusione estetica che in realtà sono solo un modo per monetizzare, il rapporto di coppia come un campo di battaglia…Borgli al secondo lungometraggio riesce a mescolare tutte queste tematiche in maniera omogenea, costruendo un film coinvolgente, divertente, irritante, profondamente ancorato all’attualità.
Percepirsi solo tramite la propria immagine condivisa su Instagram, dove i like ricevuti sono la cartina tornasole di quanto siamo visibili, riconosciuti, apprezzati, pericolosamente vivi. Il personaggio sbrana la persona, non è più nemmeno una questione di bellezza, il bello è un concetto superato, se un tempo si simpatizzava o si invidiava chi ci sembrava migliore, ora in nome del politically correct, siamo attratti anche dal diverso e dal patologico, sia esso rappresentato da una deformazione estetica o da una vera e propria malattia. Non ammiriamo più qualcuno per la sua cultura, ma per la sua popolarità, anche se essa è stata raggiunta nei modi più scorretti.
Il moralismo di Borgli è il mezzo attraverso il quale portare in superficie, esattamente come la superficie della pelle della protagonista viene deturpata da ferite sanguinanti, le storture dell’occidente radical chic, del mondo della moda e dell’arte, così come di quei rapporti di coppia dove sia lei che lui sono narcisisti.
“Sick of myself” è un incubo assurdamente realistico, dove deliri di onnipotenza, sogni di gloria e caducità dei desideri egoriferiti si susseguono con ritmo indiavolato creando una confusione funzionale a descrivere la psiche contorta della protagonista.
Il body horror contamina la commedia e viceversa, il cinismo che pervade quasi ogni fotogramma non è mai gratuito, la rappresentazione cronenberghiana del virus del contemporaneo: l’apparire in maniera virale, si fa fisica (le deformazioni disgustose sul viso di Signe), così come psichica. Ci troviamo davanti a dei personaggi non in grado di comprendere il meccanismo che li sta strangolando, essi sono malati di protagonismo.
“I narcisisti sono quelli che ce la fanno” è una frase messa in bocca alla protagonista ad inizio film, ma il regista ama decostruire tale concetto facendo sprofondare i personaggi in situazioni a tratti esilaranti, ma per lo più raggelanti. Raggelanti perché seppur tramite escamotage estremi, raccontano di molti di noi ormai intossicati dalla viralitá.
“Sick of myself” è un’opera teorica sull’atto del guardare e dell’essere guardati, cinema come atto scopofilo che ci sbatte in faccia le realtà più scomode.
Kristoffer Borgli rifiuta la glacialitá di tanto cinema nordico, lo fa tramite una regia ricca di stacchi, di movimenti di macchina improvvisi e disorientati, la soundtrack è quasi onnipresente, le scenografie ricche, la frontalitá dello sguardo cede il posto alla molteplicità della visione: noi guardiamo i personaggi, loro si guardano tra di loro, che singolarmente si guardano riflessi in uno specchio, fotografati sulla copertina di un giornale o sui social; guardare ed essere guardati è tutto!
Tramite il solipsismo, e cioè quell’individualismo esasperato, per cui ogni interesse è accentrato su di sé e tutto il resto, così come ogni realtà oggettiva che non rientri nella propria sfera d’interessi, viene ignorata, il regista ci regala un’opera non conciliante, urticante e sociologica.

“La gente chiede di me?” (dal film)

VOTO: 10

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