“LA ZONA D’INTERESSE” DI JONATHAN GLAZER
Anno di produzione: 2023
Con: Sandra Hüller, Christian Friedel
LA POTENZA DEL FUORI CAMPO
Nella recensione pubblicata sulla rivista di cinema online “Gli Spietati”, Eddie Bertozzi si chiede se dopo “Il figlio di Saul” sarebbe stato possibile fare cinema sull’Olocausto. La risposta è sì, e “La zona d’interesse” ne è la conferma. Cosa accomuna i due film? L’utilizzo del fuori campo e del sonoro. L’orrore del lager nel film di Nemes viene sfocato tramite un magistrale uso delle ottiche in grado di mettere a fuoco il protagonista, quasi sempre ripreso di schiena, e sfocare ciò che ha davanti, lasciando al sonoro il compito di essere eloquente su ciò che il Sonderkommander vede. Anche nell’ultima opera di Glazer il fuori campo è il fulcro dell’intero film, è un atto tecnico che si fa teorico e filosofico. Glazer fa sua la lezione di Nemes, ma soprattutto quella di Fritz Lang e Michael Haneke. In “M-Il mostro di Düsseldorf” Lang ci dona un mirabile saggio cinematografico sul suono: il motivetto fischiettato dell’assassino, il silenzio, l’orologio a cucú che scandisce lo scorrere del tempo. Il fuori campo è magistrale soprattutto in una scena, quella in cui viene inquadrata una tromba delle scale e la voce disperata di una donna è solo un suono, non vediamo il personaggio emetterlo, la macchina da presa inquadra tutt’altro e la visione si fa insostenibile. La figlia della donna non torna a casa e la tensione è palpabile. Glazer nel narrare la quotidianità della famiglia Höss, che vive ad un passo da Auschwitz, si ispira a Lang. Il regista si concentra sul nucleo familiare del comandante del campo di concentramento e non inquadra mai ciò che accade dentro ad esso, udiamo però per 105 minuti le grida dei deportati, gli spari, il pianto dei bambini, il rumore assordante del meccanismo dei forni crematori. La mostruosità e la normalità, le ambizioni borghesi che si fanno più forti di ogni nefandezza umana. Ieri come oggi esistono i ricchi e i poveri, le vittime e i carnefici, i paesi che vivono in pace ma che si trovano ad un passo da quelli in guerra… Mangiamo, facciamo shopping, andiamo a lavoro, compriamo svariati beni di consumo, ma abbiamo affianco il male, che non tocca le classi politiche occidentali che al massimo esprimono una stucchevole solidarietà e a volte contribuiscono in prima persona allo scempio dei conflitti.
Glazer come Haneke racconta l’essere umano, concentrandosi sulle sue sfaccettature più inquietanti. In “Funny games” del cineasta austriaco accade una cosa simile a quella realizzata da Glazer. Una famiglia felice va in vacanza in una villetta, la loro tranquillità verrà ben presto messa in discussione dall’arrivo di due ragazzi pronti a torturarli. In una lunga sequenza la macchina fissa di Haneke inquadra il soggiorno della casa mentre fuori campo sentiamo le feroci grida dei suoi abitanti nel preciso momento in cui vengono assassinati. La casa degli Höss, con i suoi interni asettici che vengono ripresi da una serie di macchine da presa fisse, è un microcosmo apparentemente paradisiaco collocato ad un passo da un girone infernale. Le immagini registrano la quotidianitá di un manipolo di personaggi, la pista sonora registra il dolore di un’altra serie di persone che non possiamo vedere. Un cortocircuito cinematografico radicale e deflagrante. Non inquadrare quello che accade mette lo spettatore nella posizione sadica di doverlo immaginare.
Cinema che fa a pezzi un fondamento della settima arte: la scopofilia. Il cinema è l’atto della visione ma per Glazer è l’atto della negazione della visione.
“La zona d’intresse” è un assalto alla psiche di chi lo guarda, anche se il regista apre piccoli squarci di speranza nella narrazione, facendoci vedere svariate volte una giovane ragazza che colloca delle mele nel terreno circostante ad Auschwitz nella speranza che i deportati le trovino e le mangino. Gli Höss vivono la loro normalità ma il Male, quello con la M maiuscola è più forte di tutto ed è in grado di contaminare qualsiasi cosa. Una delle figlie dei protagonisti ha difficoltà ad addormentarsi e soffre di sonnambulismo, probabilmente ossessionata dai continui rumori di morte fuori dalla sua casa, la suocera di Rufolf Höss dopo essersi congratulata con la figlia per aver conquistato una vita borghese, rimane sconvolta dalle luci provenienti dai forni e decide di andare via da quel luogo, Rudolf stesso ha dei conati di vomito. L’unica che continua stoicamente ad essere aggrappata alla sua vita è Hedwig, la moglie del comandante. Una donna feroce e sgraziata, volgare e inumana. Dietro un uomo orribile c’è quasi sempre una donna ancora più orribile.
“La zona d’interesse” colpisce anche quando mostra una serie di inquadrature delle stanze di Auschwitz ai giorni nostri, dove delle inservienti sono intente a pulirle per accogliere i visitatori. Auschwitz è ormai un museo. Fare soldi sui morti.
“Gli esseri umani non riescono ad essere buoni per molto tempo, senza che il male si insinui di nuovo tra loro e li riavveleni” (Veronica Roth)
VOTO: 9.5
