ZINEMA

RECENSIONI DI EMANUELE DE MARIA

“THE UGLY STEPSISTER” DI EMILIE BLICHFELDT

Anno di produzione: 2024
Con: Lea Myren

Brutta, sporca e cattiva

La donna deve essere bella! Lo deve essere per compiacere il maschio, lo deve essere per acquisire un ruolo sociale. Avendo interiorizzato l’oggettivazione maschile deve essere bella per autoimposizione. Bella sempre e per sempre! Come in una maledizione ancestrale il suo corpo e il suo volto possono essere manipolati dalla chirurgia estetica, dai trattamenti invasivi, dalla cura ossessiva e patologica.
Diciassettesimo secolo, Elvira è sgraziata e bruttina ma sogna il principe azzurro. Ha una sorella anonima e una sorellastra bellissima. Sua madre è vedova e non in grado di dare sostentamento alla prole. All’epoca le donne non lavoravano, erano semplicemente subalterne al maschio. Elvira si sottoporrà a interventi odontoiatrici, ad una rinoplastica senza anestesia e ingerirà uova di tenia per dimagrire. Tutto questo per farsi sposare e risolvere i problemi economici della famiglia.
Un naso che per essere rifatto viene fracassato senza anestesia, pinze che estraggono l’apparecchio dei denti, vermi che vagano nello stomaco, ciglia finte inserite con l’ago, vomito, punti neri da cui fuoriesce il pus, dita dei piedi amputate, un pene in primo piano che penetra una vagina. Produce tra gli altri la Zentropa del grande Lars Von Trier.
Questa Cenerentola horror continua il discorso del bellissimo “The Substance”, dell’insuperabile “The Neon Demon”, e andando più indietro di “La morte ti fa bella”. La bellezza non è tutto ma è l’unica cosa, ieri come oggi. “The ugly stepsister” attraverso una fotografia da film porno anni settanta e un’estetica alla Walerian Borowczyk, si fa riflessione orrorifica (priva di jumpscare, per fortuna) su come il corpo femminile possa essere usato come fonte di guadagno. La carne, le ossa, gli organi genitali sono il mezzo attraverso il quale fare soldi. L’etica non esiste, la cosmetica è imperante. E cosa può fare la donna quando non ha altra scelta? Diventa feroce. Non c’è solidarietà femminile nel film, non ci sono madri comprensive e accudenti.

“La marea offuscata dal sangue è sciolta, e ovunque la cerimonia dell’innocenza è annegata”
(I fratelli Grimm)

“The ugly stepsister” parte della fiaba di Cenerentola. Rielabora le versioni esistenti: la prima risale persino all’antico Egitto, poi c’è quella di Basile facente parte della sua opera “Lo cunto de li cunti”, poi quella di Perrault e quella dei fratelli Grimm. Nel film la protagonista è la sorellastra di Cenerentola, non ci sono zucche che diventano carrozze, Cenerentola si fa scopare dallo stalliere, la famigerata scarpetta non è di cristallo e non entrando al piede di Elvira, quest’ultima deciderà di tagliarsi le dita a costo di calzarla (come scritto dai Grimm). Questo adattamento è un incubo, un coming of age sulla perdita dell’innocenza, dove una ragazza smarrisce la moralità in nome dell’idealizzazione dell’amore e del denaro, spinta da una madre senza scrupoli e ninfomane.

“Vanità
L’illusione
Docile si arrende al dio migliore”
(“Vanità”, Giorgia)

La regista utilizza il passato per parlare del presente e narrare dell’agghiacciante cristallizzazione della figura femminile vista come un contenitore di vanità e non di virtù.
Soundtrack estraniante che alterna musica classica a composizioni moderne, messa in scena che mostra l’immostrabile, attrici meravigliosamente in parte.

VOTO: 7

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