ZINEMA

RECENSIONI DI EMANUELE DE MARIA

“NON APRITE QUELLA PORTA” DI DAVID BLUE GARCIA

Anno: 2022
Con:  Elsie Fisher, Olwen Fouéré, Nell Hudson

LA MATTANZA È SERVITA

Nel 1974 Tobe Hooper consegnò al mondo il suo “Non aprite quella porta” e il cinema, non solo quello di genere horror non fu più lo stesso. Un’opera colossale sudicia e politica, brutale e ai limiti del sostenibile, dove gli omicidi commessi da una famiglia del Texas si facevano la metafora di un’America rurale, culturalmente retrograda e violenta. Dal ’74 ad oggi numerosi sono stati i sequel, i prequel e le pellicole ispirate all’originale (“La casa dei 1000 corpi” e “La casa del diavolo” di Rob Zombie, “La maschera di cera” di Jaume Collett-Serra, solo per fare alcuni titoli, ma ce ne sarebbero almeno altri cinquanta). David Blue Garcia a differenza di Hooper non è interessato a caricare la storia di echi paranoici, non colpisce con feroce sarcasmo l’ istituzione familiare, ma si concentra sulle conseguenze del capitalismo americano che crede di poter comprare qualsiasi cosa. I giovani personaggi del film sono imprenditori che si recano in una piccola città texana per farne un luogo alla moda dove regni l’armonia. Si scontreranno ben presto con la madre di Leatherface e con Leatherface stesso, che come quarantanove anni fa è pronto con la sua motosega a massacrare chiunque. Nella costruzione dello spazio scenico e nell’escalation abbastanza veloce nella violenza, “Non aprite quella porta” ricorda “La maschera di cera” di Collet-Serra, anche se il ritorno della final girl del primo film rimanda ad “Halloween” di David Gordon Green. Dopo una breve ma incisiva critica al potere del capitalismo made in USA e all’ossessione del riprendere tutto con gli smartphone come se si vivesse costantemente in un reality, il film si trasforma in un giocattolone slasher stracolmo di personaggi stereotipati utilizzati come carne da macello. David Blue Garcia fa partire in quarta lo splatter/gore, soprattutto nella meravigliosa sequenza del massacro dentro l’autobus. Un’orgia di sangue stracolma di teste mozzate, interiora, arti tagliati, corpi sventrati. La motosega di Leatherface penetra la carne come fosse un enorme pene. Il regista ci mostra in maniera esplicita ed estrema quanto l’horror sia assimilabile al porno. In entrambi i generi i personaggi sono bidimensionali; nella pornografia sono corpi utilizzati per mettere in scena degli atti sessuali, nell’horror per mostrarci in maniera altrettanto esplicita gesti di violenza mortale. L’horror come il porno è una visione eccitante e compulsiva in grado di sublimare il nostro piacere e la nostra curiosità.  L’horror è la pornografia del male e questo il regista di “Non aprite quella porta” lo sa bene e ce lo mostra senza freni. Un film dal  ritmo sostenuto dalla prima all’ultima sequenza, con  un fascino figurativo indiscutibile. Il “palcoscenico” sul quale si muovono gli interpreti è notevole e la soundtrack non è mai invadente. L’ambiguità del male ma anche quella del bene ( i 5 personaggi principali non sono totalmente innocenti e virtuosi), e il finale che rifugge dall’happy end gettano il film in territori non banali, così come è interessante il modo in cui gli sceneggiatori e il regista fanno a pezzi l’utopia dei protagonisti di creare un luogo in cui regni la pace, facendo a brandelli il loro sogno attraverso l’esplosione della violenza più truce.
Godibile e sadicamente divertente.

VOTO: 6

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