“CLUB ZERO” DI JESSICA HAUSNER
Anno di produzione: 2023
Con: Mia Wasikowska
Musica ossessiva e martellante, abiti dai colori pastello, case dal design ricercato, architetture asettiche e brutaliste; sotto una messa in scena controllatissima si cela una feroce e ambigua disamina sul fanatismo alimentare, sull’incapacitá genitoriale di comprendere i figli, sul capitalismo sfrenato e sul potere manipolatorio che alcune persone esercitano su altre.
Miss Novack viene assunta come insegnante in un esclusivo liceo privato. Il suo compito è insegnare un nuovo metodo nutrizionale.
“Club zero” va oltre la descrizione del veganesimo e partendo dalla rappresentazione minuziosa dell’ortoressia (disturbo che riguarda l’ossessione per il mangiare sano), si spinge più in là portando i suoi personaggi al digiuno totale. Mangiare eccessivamente è la metafora del consumismo in un mondo dove c’è chi ha troppo e tende allo spreco e chi ha pochissimo. Digiunare significa staccarsi dai beni materiali e dal proprio corpo come in un atto magico dove finalmente si diventa puri e si raggiunge un luogo non luogo libero dalle regole della società del benessere. Azzerarsi per trascendere, rifiutare uno status sociale e il proprio cieco nucleo familiare. Per raggiungere tutto questo i personaggi del film saranno vittime di una sottile ma brutale forma di manipolazione psichica e di iper controllo sull’alimentazione.
In “Club zero” vi è la descrizione glaciale ma incisiva del settarismo alimentare, dove il consumo di cibo è oggetto di una deriva artificiale. Ciò avviene perché ogni “setta” mette in atto un processo che scaturisce sentimenti di colpa, per lo più causati da emozioni più che da ragionamenti, verso l’uso di alimenti ritenuti non conformi rispetto a un certo riferimento considerato il più giusto.
I giovani personaggi del film vengono travolti dal disagio e dal disgusto, il loro vivere un contesto culturale, in questo caso alimentare, che pone il cibo come questione ideologica e come struttura economica, li porterà ad un distaccamento progressivo e inesorabile dalle origini capitaliste. La totale incapacità di comprensione dei genitori si fa parossistica.
Il cibo è una questione politica ed economica e come tale può essere lo step iniziale per intraprendere una rivoluzione.
Jessica Hausner come molti suoi connazionali austriaci (Haneke e Seidl su tutti) è una regista estrema, estremi sono i temi che tratta ed estremo è il modo in cui li tratta, radicale è la tecnica cinematografica utilizzata, essa si fa lente d’ingrandimento degli argomenti messi in scena.
La gelida perfezione formale, i movimenti di macchina impercettibili e la musica ossessiva sono i mezzi attraverso i quali viene descritto un certo tipo di umanità che vive regole precise, dove conta soprattutto l’apparenza, dove il proprio status sociale è una specie di cancro culturale e i giochi di potere sono all’ordine del giorno.
Giulio Sangiorgio riguardo “Lourdes”, sempre della Hausner, scrive: “Lourdes è un radicale gesto di fede nel dubbio, che non nega il mistero, ciò che sta oltre, ma afferma in una dialettica mai paga e con occhio stratificato-insieme lucido e compassionevole, autoironico e chirurgico-quello che sta qua”, tale concetto è perfettamente applicabile a “Club zero”, che conferma quanto l’opera della Hausner sia un gesto autoriale preciso, coerente e potente.
È sempre una questione di fede per la regista, sia essa religiosa (“Lourdes”), sentimentale (“Amour fou”), scientifica (“Little Joe”) o alimentare come in questo ultimo lungometraggio.
VOTO: 10
